venerdì 31 maggio 2013

Sintesi: la prosa di Leopardi

Giacomo Leopardi

La conversione estetica. La conversione estetica di Leopardi è il passaggio dall’erudizione illuministica alla scoperta del valore della poesia: vi giunge grazie allo studio ed alle traduzioni, e decide addirittura di intervenire nella polemica classicisti – romantici, con il Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica.
Qui egli difende il classicismo: infatti la poesia classica per lui è autentica, perché proviene dall’immaginazione e dal sentimento degli antichi; però bisogna evitare la fredda imitazione. Quest’ultima osservazione lo fa avvicinare ai Romantici, che accusavano appunto i classicisti di imitare in modo vuoto la poesia del passato.
Però Leopardi non accetta altri due aspetti del Romanticismo: il vero ed il patetico. Nessuno dei due può ispirare la vera poesia: al primo bisogna sostituire le illusioni, mentre il secondo è artificioso, esagerato, privo dell’equilibrio che aveva la poesia classica.

Lo Zibaldone. Per seguire l’evoluzione del pensiero leopardiano diventa prezioso il suo Zibaldone: si tratta della raccolta dei suoi pensieri relativamente alla lingua, alla letteratura, all’autobiografia, alla filosofia, alla morale. Anche se Leopardi compila un indice analitico di questi pensieri, raccolti dal 1817 al 1832, non c’è nessuna sistematicità. Però l’opera è importante perché permette di osservare le tappe delle sue riflessioni.
Nella prima fase, è presente lo scontro tra natura, madre benevola che crea l’uomo felice perché sa immaginare, e la ragione, che rende l’uomo infelice perché lo toglie dal suo stato ingenuo e gli rivela l’“arido vero”. La ragione e la civilizzazione, insomma, allontanano l’uomo dallo stato di natura, che dava la felicità. È quello che viene definito pessimismo storico.
Poi, avviene la cosiddetta conversione filosofica che lo fa avvicinare al sensismo. Ora Leopardi si convince che l’infelicità dell’uomo non ha più ragioni storiche, ma fa parte della natura umana. 
Leopardi sviluppa perciò la teoria del piacere. Ogni uomo tende alla felicità, ma non la può raggiungere mai: il desiderio del piacere è infinito e non può essere appagato da un piacere finito. Esso può trovare un conforto solo nell’immaginazione: nel ricordo (del passato) o nell’illusione (del futuro).
Da queste riflessioni nasce il pessimismo cosmico: la natura è una matrigna, che mette al mondo l’uomo, ma solo per farlo soffrire e poi distruggerlo per conservare se stessa. Il destino dell’uomo è dunque l’infelicità e, quando non c’è il dolore, subentra la noia, perché comunque non è appagato. 
Nell’ultima fase, Leopardi mostra che la funzione dell’intellettuale è svelare al mondo l’inganno della natura: gli uomini devono unirsi per combatterla insieme. In sostanza è quello che viene spesso chiamato pessimismo eroico.

Le operette morali. Durante la fase di silenzio poetico, Leopardi elabora 20 testi in prosa per spiegare il suo pessimismo cosmico. Essi vengono pubblicati poco tempo dopo col titolo di “Operette morali”, senza successo. In seguito la raccolta verrà ampliata fino a giungere il numero di 24 testi. Sono testi di vario tipo, ma soprattutto dialoghi ispirati a Platone e Luciano. Leopardi fa parlare personaggi mitici (Ercole, Atlante…), figure simboliche (Natura, Morte…), personaggi storici (Tasso, Parini…) per vari scopi:

  • mostrare che il dolore è inevitabile
  • sottolineare che la gloria è vana ed illusoria
  • dichiarare che l’universo è senza significato (materialismo e meccanicismo)
  • sostenere che la vitalità è l’unica forza da opporre all’insensatezza dell’universo

Grazie alla profonda cultura classica di Leopardi, lo stile ricorda molto forme e contenuti della prosa antica. Non ci sono tesi da dimostrare, ma piuttosto la volontà di far emergere gli errori della ragione. Per tale motivo, spesso usa una fine ironia.
Tra i più belli, il Dialogo della Natura e di un Islandese  ed  il Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere.

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