lunedì 10 giugno 2013

La prima guerra mondiale (seconda parte)


Neutralisti ed interventisti. Allo scoppio della guerra l’Italia si dichiara neutrale; ciò è possibile in quanto la Triplice Alleanza aveva solo carattere difensivo. In seguito, tuttavia, l’opinione pubblica si divide tra chi non vuole la guerra (neutralisti) e chi vuole invece parteciparvi (interventisti).
Gli interventisti sono la minoranza, ma sono molto attivi. Mossi da ideologie diverse, sono sostenute dal re, che desidera affermare il proprio prestigio, e dagli industriali, che vedono nel conflitto un’ottima possibilità di affari. Fra essi vi sono:
  • gli irredentisti e i radicali, che concepiscono il conflitto come l’ultima guerra risorgimentale contro l’Austria per la liberazione di Trento e Trieste;
  • i nazionalisti, che ritengono che la guerra sia un valore e possa conferire importanza alla nazione;
  • Benito Mussolini, che dopo essere stato espulso dal PSI fonda un nuovo quotidiano, «Il Popolo d’Italia», attraverso cui predica la forza rivoluzionaria della guerra.

I neutralisti sono la maggioranza del paese. Sono formati soprattutto da contadini e operai, che non intendono rimanere vittime del terribile conflitto.
Sono neutralisti:
  • i socialisti, fedeli alla tradizione pacifista del partito, e convinti che la guerra sia un affare dei borghesi capitalisti;
  • i cattolici, che rifiutano la guerra per motivi religiosi (il papa Benedetto XV la definì “inutile strage”);
  • Giolitti, che teme che la guerra possa avere nuocere alla vita politica.


Il movimento neutralista non riesce tuttavia ad imporsi. Due eventi determinano l’entrata in guerra dell’Italia: le manifestazioni di piazza del maggio 1915 (le «radiose giornate») e la volontà del re e del capo del Governo, che già da tempo hanno preso contatti con i paesi dell’Intesa. Salandra e il ministro degli esteri Sonnino sottoscrivono, insieme con Francia, Inghilterra e Russia, il Patto di Londra, nel quale si prevede che, in caso di vittoria, l’Italia ottenga il Trentino, il Sud Tirolo, la Venezia-Giulia, la penisola istriana (esclusa la città di Fiume), parte della Dalmazia e le isole adriatiche. Il Parlamento, a maggioranza neutralista, si oppone, costringendo Salandra alle dimissioni, ma il re le respinge, obbligandolo a concedere pieni poteri al governo.


Il fronte italiano. Il 23 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria. Il comando dell’esercito viene affidato al generale Luigi Cadorna. Cadorna sferra quattro attacchi — le prime quattro battaglie dell’Isonzo — senza alcun successo e con un numero elevatissimo di morti.
Nel giugno 1916 l’esercito austriaco passa al contrattacco («spedizione punitiva»), cogliendo in un primo tempo gli italiani di sorpresa. Nel 1916 vengono poi combattute altre cinque battaglie dell’Isonzo, tutte sanguinose ma senza risultati.
Il 1917 è l’anno più difficile della guerra; i soldati e la popolazione sono stanchi. Il comando tedesco decide di rafforzare l’esercito e attacca le truppe italiane nei pressi di Caporetto. I soldati italiani sono costretti alla ritirata, lasciando in mano al nemico un’enorme porzione di territorio (fino al Piave). Cadorna addossa le colpe ai suoi uomini, ma l’errore è stato del comando, sicché è sostituito da Armando Diaz.

Nel 1918, proprio con le battaglie del Piave e dell’altopiano di Asiago, iniziò la rimonta italiana, che si concluse con il successo definitivo di Vittorio Veneto. Il 3 novembre, mentre i soldati italiani entravano a Trento e Trieste, venne firmato l’armistizio con l’Austria. Dopo 41 mesi la guerra era finita; essa era costata all’Italia 600.000 morti e un milione tra mutilati e feriti.

giovedì 6 giugno 2013

La prima guerra mondiale (prima parte)


Le cause 
L’evento che determina lo scoppio della prima guerra mondiale è l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, il 28 giugno 1914 a Sarajevo per mano di uno studente serbo.
Tuttavia, allo scoppio del conflitto e alla sua successiva estensione su scala mondiale concorre una serie di tensioni preesistenti:
  1. Il giovane impero tedesco ha imboccato la strada di una rapida industrializzazione, cosa che preoccupa molto l’Inghilterra, la quale teme una rottura degli equilibri esistenti tra i paesi europei e la perdita della sua supremazia navale.
  2. I francesi non hanno ancora accettato la sconfitta inflitta loro dalla Germania nel 1870 (guerra franco-prussiana) e sono molti coloro che chiedono la restituzione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena.
  3.  I rapporti tra impero austro-ungarico e Russia sono molto tesi per i continui scontri dei rispettivi interessi nei Balcani. 
  4. In molti paesi europei la popolazione è animata da sentimenti nazionalisti o dall’aspirazione all’indipendenza.


Lo scoppio della guerra
Dopo l’assassinio di Francesco Ferdinando, l’Austria reagisce inviando un duro ultimatum che la Serbia, forte del sostegno della Russia, accetta solo in parte; come conseguenza, il 28 luglio 1914 l’Austria dichiara guerra alla Serbia e immediatamente il governo russo decide di intervenire.
La Germania interpreta l’intervento russo come una minaccia e, in nome della Triplice Alleanza stipulata nel 1882 con Austria e Italia, invia alla Russia un ultimatum, seguito dalla dichiarazione di guerra.
La Francia, legata alla Russia e all’Inghilterra nella Triplice Intesa, mobilita le sue forze armate; subito dopo la Germania invia l’ultimatum e poi la dichiarazione di guerra alla Francia.
La tattica tedesca prevede di invadere la Francia passando attraverso il Belgio, nonostante la sua neutralità, per poi dirigere il grosso delle truppe contro la Russia. Dopo che la Germania ha invaso il Belgio, la Gran Bretagna scende in campo contro gli imperi centrali.

La guerra di trincea
Gli eserciti scesi in campo nella «grande guerra» non hanno precedenti per dimensioni, ma all’inizio le strategie sono ancora legate al secolo passato e puntano sulla guerra di movimento (che prevede uno spostamento rapido di un gran numero di uomini in preparazione a pochi scontri risolutivi).
Agli inizi dello scontro bellico, i tedeschi pensano di poter conquistare facilmente il territorio francese, ma, lungo il corso della Marna, vengono bloccati dalle truppe francesi; non si tratta di una guerra breve, bensì di una guerra di logoramento. Comincia la cosiddetta guerra di posizione (che vede due schieramenti nemici fissi sulle loro posizioni). A quel punto, la vera protagonista del conflitto diviene la trincea (un fossato scavato nel terreno): la vita monotona ma dura che vi si svolge è interrotta solo saltuariamente da grandi e sanguinose offensive, prive di reali risultati. La guerra di trincea stanca i soldati, il cui stato d’animo di apatia e rassegnazione sfocia spesso in forme di insubordinazione e autolesionismo. Ad esempio, molti giovani si procurano volontariamente ferite e mutilazioni per essere dispensati dal servizio al fronte.
In soli quattro mesi di combattimenti, la guerra di logoramento provoca ben 4.000 morti. Infatti, il primo conflitto mondiale si caratterizza pure per l’uso sistematico di nuovi ritrovati tecnologici: artiglieria pesante, fucili a ripetizione, mitragliatrici. Vengono utilizzate anche armi chimiche (gas) lanciate nelle trincee, dove provocano orribili stragi. Inoltre, si sviluppano settori innovativi come l’industria automobilistica, la radiofonia e l’aeronautica; quest’ultima, però, dà un minimo apporto ai combattimenti. Poco rilevante è anche il ricorso al carro armato, che, privo di cingoli, costituisce ancora un mezzo rudimentale; al contrario, si rivela importantissimo il sottomarino, impiegato soprattutto dai tedeschi.


Le fasi del conflitto
Fronte orientale. Nel corso del primo anno di guerra, le truppe tedesche attaccano i russi sconfiggendoli nelle battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri. Nonostante l’offensiva russa, sono i tedeschi che continuano ad ottenere qualche successo: prima contro i russi, che devono abbandonare la Polonia, poi contro la Serbia, che viene attaccata, invasa e conquistata.
Nel corso del 1916 i russi recuperano parte dei territori persi l’anno precedente, il che induce i rumeni a intervenire a fianco dell’Intesa, ma la Romania viene a sua volta conquistata dai Tedeschi.
Nel 1917 la situazione cambia. La rivoluzione bolscevica in Russia porta alla disgregazione dell’esercito e spinge il governo di Lenin a chiedere una pace «senza annessioni e senza indennità». La Pace di Brest-Litovsk, comporta per la Russia gravi perdite territoriali tra la Finlandia e l’Ucraina, ma Lenin riesce a salvare il nuovo Stato socialista.

Fronte occidentale. Nell’estate del 1914 i tedeschi invadono la Francia passando attraverso il Belgio e si attestano lungo il corso della Marna, a pochi chilometri da Parigi. Le truppe francesi riescono però a respingerli e a farli arretrare. Gli eserciti contrapposti restano pressoché immobili per tutto il corso del 1915. All’inizio del 1916 i tedeschi cercano di attaccare la piazzaforte di Verdun; l’attacco dura quattro mesi e si risolve in una carneficina che non giova a nessuno dei due schieramenti, i quali, nei primi mesi del 1918, sono ancora in una situazione di equilibrio. In primavera però i tedeschi avanzano e nel mese di giugno sono nuovamente sulla Marna. L’Inghilterra invia truppe in aiuto degli alleati francesi, che in agosto, ad Amiens, infliggono ai tedeschi l’unica vera sconfitta da essi subìta sul fronte occidentale. È allora che l’alto comando germanico capisce di aver perso la guerra.

L’intervento americano. Nel maggio del 1915 un sottomarino tedesco affonda il transatlantico inglese Lusitania con a bordo 1.000 passeggeri, tra cui 140 americani, inducendo gli USA a protestare tanto energicamente da convincere la Germania a sospendere la guerra sottomarina indiscriminata. Nel 1917, però, quando i sommergibili tedeschi riprendono i loro attacchi, gli USA decidono di entrare in guerra e, pur non disponendo di un esercito pari a quello degli alleati, il loro apporto si rivela comunque decisivo per le sorti del conflitto in virtù del grosso aiuto economico che sono in grado di offrire.

Dopo la «rivoluzione di ottobre» in Russia, gli Stati dell’Intesa acuiscono il carattere ideologico della guerra, la quale assume i toni di una difesa della libertà dei popoli contro i disegni egemonici degli imperi centrali. Fautore di tale interpretazione è il presidente statunitense Wilson che precisa la sua politica in un programma di pace redatto in 14 punti, in cui propone l’istituzione di un organismo internazionale, con lo scopo di assicurare il nuovo assetto che auspica per l’Europa: la Società delle Nazioni.

sabato 1 giugno 2013

Ancora sulla Seconda Guerra Mondiale: una sintesi


Pubblichiamo una sintesi dell'articolo precedente dedicato al secondo conflitto mondiale.

Verso la guerra
L’aggressiva politica di espansione della Germania nazista portò, in breve tempo, allo scoppio di un secondo conflitto mondiale, a soli venti anni dalla conclusione del primo. 
La prima prova generale dell’alleanza militare fra Hitler e Mussolini, segnata dall’Asse Roma – Berlino, fu la guerra civile spagnola; il successivo patto anti – Comintern portò anche il Giappone nel sistema di alleanze naziste. 
Hitler, che aveva avviato un profondo riarmo della Germania, rivolse la sua attenzione all’Austria: l’Anschluss (annessione) avvenne nel 1938, senza che Gran Bretagna e Francia intervenissero in merito. 
A quel punto Hitler minacciò l’invasione del territorio dei Sudeti, regione della Cecoslovacchia a maggioranza tedesca. Gli accordi di Monaco portarono alla cessione dei Sudeti alla Germania, con l’impegno di questa a non avanzare nuove pretese. 
Nonostante gli accordi di Monaco, nel 1939 le truppe naziste invasero la Cecoslovacchia: la Slovacchia divenne uno stato satellite, il resto della nazione divenne territorio tedesco. 
Nello stesso tempo Hitler procedeva a richiedere la cessione del territorio di Danzica, una striscia di territorio polacca che divideva la Prussia Orientale dal resto della Germania. La Polonia rifiutò le nuove pretese del Fuhrer, mentre le trattative fra gli altri paesi per un sostegno alla Polonia fallirono.
Nel frattempo Mussolini, per bilanciare lo strapotere della Germania, invase l’Albania. Ma era vero che l’Italia ormai si muoveva nell’orbita del potente alleato: abbandonando la funzione di mediatrice (che aveva avuto a Monaco), l’Italia legò i propri destini alla Germania con il Patto d’Acciaio, che impegnava il nostro paese ad entrare in guerra a fianco della Germania. 
L’evento però che stupì tutta Europa fu il patto Molotov – Ribbentrop, un patto di non aggressione della durata di dieci anni fra Germania ed Unione Sovietica. Quest’ultima, delusa del fallimento delle trattative con le potenze occidentali, cercava con tale accordo di mettersi al sicuro da attacchi. Tale patto comprendeva comunque una clausola segreta, che prevedeva la spartizione della Polonia fra i due inconsueti alleati. 

La guerra lampo ed i successi tedeschi
La guerra scoppiò il 1° settembre 1939; in meno di un mese il paese venne occupato da nazisti e sovietici. Le forze armate tedesche avevano attuato con successo la cosiddetta “guerra lampo”, una guerra di movimento caratterizzata dal sostegno delle forze aeree e dall’intervento di mezzi corazzati. L’invasione determinò la dichiarazione di guerra di Inghilterra e Francia alla Germania.
Mentre Mussolini, con il consenso di Hitler, preferì restare neutrale al momento, l’URSS procedette all’attacco della Finlandia: nonostante la strenua resistenza del piccolo paese, esso dovette arrendersi pochi mesi dopo. 
La Francia, dal canto suo, attendeva un attacco sulla linea Maginot; ma qui non accadde nulla. Con una mossa a sorpresa, Hitler, nella primavera del 1940, occupò dapprima Danimarca e Norvegia, poi invase i Paesi Bassi, attaccando la Francia da Nord. Le truppe anglo - francesi non riuscirono a contrastare l’attacco e dovettero ritirarsi via mare dal porto di Dunkerque: nel giugno del 1940, Hitler entrò a Parigi
I travolgenti successi nazisti indussero Mussolini ad entrare nel conflitto, dichiarando guerra alla Francia. L’attacco al confine italo – francese (la cosiddetta “pugnalata alle spalle”) non riuscì però ad ottenere grandi successi. 
Mentre la Francia del Nord era occupata militarmente dalla Germania, i Nazisti riuscirono ad imporre nel Sud della Francia un governo collaborazionista, guidato dal maresciallo Petain e con sede a Vichy. Nel frattempo il generale de Gaulle, a capo dei soldati francesi fuggiti in Inghilterra, invitava la Francia a resistere. 

I primi fallimenti dell’Asse e l’entrata degli USA
Fra l’agosto ed il settembre del 1940 Hitler decise di attaccare l’altro grande avversario, la Gran Bretagna, con una grande offensiva aerea. Ma la battaglia d’Inghilterra, nonostante i danni inferti dalla Germania, vide il fallimento delle operazioni naziste, grazie anche all’azione della RAF (l’aviazione britannica). 
Nel mese di settembre Hitler rafforzò il suo sistema di alleanze con la firma del Patto Tripartito di Germania, Italia e Giappone, a cui poi si aggiunsero Ungheria, Romania e Jugoslavia. 
Da parte sua, Mussolini decise di avviare una “guerra parallela”, attaccando i domini inglesi in Egitto e Sudan e muovendo guerra alla Grecia. Entrambe le operazioni sarebbero state fallimentari: in Africa gli inglesi partirono al contrattacco di tutti i domini italiani (Etiopia, Somalia, Eritrea, Libia), conquistando Addis Abeba e solo l’intervento di Rommel bloccò l’avanzata; in Grecia la guerra fu disastrosa e solo l’intervento tedesco impedì l’occupazione dell’Albania da parte dei Greci. 
L’intervento nazista nei Balcani incrinò i rapporti tra Germania e URSS. Hitler decise nel 1941 di attaccare l’ex alleato, per motivi militari (proteggersi a oriente), motivi economici (le riserve russe di materie prime), motivi ideologici (lotta contro il giudaismo marxista), motivi di espansione (ricerca dello “spazio vitale” verso est); motivi razziali (sottomissione dei popoli slavi, considerati inferiori).
In preparazione all’attacco, Hitler invase Bulgaria e Jugoslavia; poi, a giugno, con l’Operazione Barbarossa, diede il via ad un attacco poderoso in tre direzioni: Leningrado, Mosca e il Mar Nero. Le perdite inflitte ai russi furono terribili, ma il piano di occupazione rapida fallì: l’avanzata fu fermata dalla resistenza russa, dalla difficoltà dei rifornimenti e dall’arrivo del terribile inverno russo. L’attacco, oltretutto, determinò un avvicinamento dell’URSS alle potenze alleate, contro la minaccia nazista.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, essi, pur non partecipando alla guerra, avevano fornito aiuti militari alla Gran Bretagna e con la legge “affitti e prestiti” (1941) anche sostegni economici. Nel mese di agosto, USA e Gran Bretagna firmarono la Carta Atlantica, per stabilire i principi per la ricostruzione del mondo dopo la guerra: vi avrebbe aderito anche l’URSS.
Nel Pacifico però il Giappone aveva attuato una politica espansionistica: aveva attaccato l’Indocina Francese ed aveva firmato un patto di non aggressione con l’URSS, per tutelarsi a nord. Nel dicembre 1941, con un attacco a sorpresa, l’aviazione giapponese distrusse mezza flotta americana a Pearl Harbor (Hawaii). Seguì la dichiarazione di guerra di inglesi ed americani al Giappone. 
Fino alla primavera del 1942, le forze giapponesi ottennero grandi successi, occupando gran parte del Sud Est asiatico, da Hong Kong alla Birmania, attaccando anche l’Australia. L’occupazione giapponese, a parte alcuni eccessi, non fu violenta come quella nazista: non vi erano piani di sterminio razziale ed anzi in genere i Giapponesi cercavano il favore delle popolazioni occupate. 

Il nuovo ordine e la soluzione finale
Nei paesi occupati il regime nazista cominciò ad imporre il “nuovo ordine”, basato sulla superiorità della razza ariana, sull’occupazione dello “spazio vitale” a est, sull’asservimento dei popoli slavi e sulla realizzazione della soluzione finale del problema ebraico. 
Le leggi antisemite (che in Germania erano state adottate sin dal 1935, con le Leggi di Norimberga) furono estese a tutti i territori occupati. Quindi, gli ebrei vennero rinchiusi nei ghetti, quartieri separati da dove era proibito uscire, in cui pativano l’affollamento, la fame, la mancanza di igiene. Essi avevano l’obbligo di portare la stella di Davide sugli abiti. Infine, essi vennero deportati in campi di concentramento e di sterminio (lager), insieme ad altri elementi considerati “indesiderabili”, come i dissidenti politici, gli zingari, i malati di mente. Dopo un lungo ed estenuante viaggio in vagoni merci, durante il quale una parte moriva per i patimenti, nei lager essi venivano sottoposti ad una selezione: chi non era giudicato idoneo al lavoro (vecchi, malati, bambini) veniva eliminato; gli altri venivano condotti ai lavori forzati, finchè non morivano di stenti o nelle camere a gas. 
La soluzione finale era stata a lungo discussa fra i capi nazisti. Inizialmente, si pensò ad una deportazione di massa nelle pianure slave o nel Madagascar, ma furono soluzioni considerate troppo complicate. Solo dopo si progettò una vera e propria eliminazione fisica. In previsione all’attacco all’URSS furono creati dei reparti delle SS al fine di eliminare tutti gli ebrei trovati nelle terre slave occupate. Il documento che segnò la svolta fu il protocollo di Wansee: esso prevedeva lo sterminio programmato di tutti gli ebrei, dopo averli concentrati in appositi impianti per l’eliminazione di massa. I più importanti furono Buchenwald, Dachau, Bergen-Belsen (in Germania), Mauthausen (in Austria), Treblinka, Auschwitz-Birkenau (in Polonia). Nel campo di Auschwitz venne sperimentato per la prima volta il sistema delle camere a gas, mediante il micidiale gas Zyclon B. In questo campo, in cui morì un milione di ebrei, si arrivò a seimila incenerimenti al giorno. Ricordiamo infatti che i cadaveri, con macabra efficienza, venivano prontamente eliminati nei forni crematori appositamente allestiti.

Approssimativamente, durante l’occupazione nazista, vennero eliminati sei milioni di ebrei. 
Le forme di occupazione nazista in Europa, tramite la quale organizzare il “nuovo ordine”, erano molteplici:
- i protettorati  (Polonia e terre occupate a est), vere e proprie colonie, senza alcuna autorità locale
- i paesi occupati militarmente (Francia, Norvegia, Paesi Bassi, etc.)
- gli Stati indipendenti, ma satelliti della Germania (Italia, Ungheria, Romania, la Francia di Vichy)

I successi alleati
Nella seconda metà del 1942 gli Alleati passarono al contrattacco. Furono tre le battaglie decisive: Midway nel Pacifico, El Alamein in Africa e Stalingrado in Russia. Con la prima, l’attacco giapponese venne bloccato, dando inizio alle vittorie americane; con la seconda, le truppe di Rommel vennero fermate da quelle inglesi guidate da Montgomery, e vennero definitivamente battute con il successivo arrivo delle truppe americane di Eisenhower (nel maggio 1943, gli italo – tedeschi dovettero arrendersi); con le terza, legata ad un lungo assedio, si ebbe l’inizio del crollo militare tedesco, che cominciò a ripiegare (anche l’Italia, che aveva inviato un corpo armato, l’ARMIR, subì gravissime perdite).
Con la conferenza di Teheran (fine del 1943) Stalin, Churchill e Roosevelt si riunirono per decidere le strategie della guerra e organizzare il futuro dell’Europa. In particolare Stalin ottenne dagli alleati la creazione di un nuovo fronte di guerra in Europa, con uno sbarco in Francia; venne anche stabilita la divisione della Germania.

Il crollo del fascismo, l'armistizio, la RSI
In Italia, il fascismo aveva perso molto sostegno popolare, soprattutto per l’esito negativo della guerra, tanto che, nel marzo del 1943, scoppiarono i primi scioperi nelle fabbriche del Nord. 
L’occupazione alleata dell’Africa settentrionale preparò lo sbarco in Italia: il 9 luglio avvenne lo sbarco in Sicilia. La rapida avanzata degli alleati accelerò la fine del regime: nella notte del 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo votò la sfiducia a Mussolini. Il re lo destituì e lo fece arrestare, affidando il governo al maresciallo Badoglio. Il nuovo governo tenne però una condotta ambigua: pur sciogliendo il partito fascista, confermò l’alleanza con la Germania. In realtà venivano condotte nel frattempo trattative segrete con gli alleati, che si conclusero con la dichiarazione dell’armistizio l’8 settembre. Mentre gli alleati sbarcavano a Salerno, il re ed il governo si rifugiarono a Brindisi, lasciando allo sbando l’esercito.
Le truppe tedesche reagirono scendendo dalla frontiera del Brennero e attaccando i soldati italiani che non consegnavano le armi, liberando Mussolini e aiutandolo a costituire lo stato fascista della Repubblica Sociale Italiana, con capitale Salò, sul Lago di Garda (Brescia), uno stato satellite della Germania. Inoltre i soldati italiani, sia in Italia che nei Balcani, vennero arrestati e deportati. 
Nel mese di ottobre Badoglio dichiarava guerra alla Germania, trasformando l’Italia in paese “cobelligerante”: l’ambiguo termine indicava che l’Italia non era una vera alleata, ma un ex – nemico, un tempo alleato dei nazisti.
Le truppe tedesche, inoltre, fermarono l’avanzata alleata a Cassino, dove resistettero sino alla primavera del 1944. 
L’Italia si trovava, così, drammaticamente divisa in due. 

La Resistenza
Nelle zone controllate dalla Germania si formò un movimento partigiano, che combatteva tedeschi e fascisti. Questi fenomeni di Resistenza, del resto, si formarono in molti paesi europei, con caratteristiche diverse; l’aspetto comune era la lotta di liberazione dalla Germania ed a volte anche da forze nazionali che lo appoggiavano (diventando così guerra civile).
In Europa settentrionale i primi movimenti di Resistenza erano avvenuti nel 1940. Qui i partigiani compivano azioni di sabotaggio, guerriglia e diffondevano stampa clandestina.
In Francia i rapporti tra De Gaulle e la Resistenza non furono facili, a causa del carattere comunista di questa. De Gaulle riuscì comunque a creare un comitato di liberazione nazionale in Algeria, dopo la liberazione di quest’ultima, che poi sarebbe diventato il governo provvisorio della Francia. 
In Germania non si sviluppò mai una vera Resistenza, sia per il consenso della popolazione a Hitler, sia per il totale controllo del paese da parte delle forze naziste. Paradossalmente le opposizioni più forti vennero da certi reparti militari, ostili allo strapotere di Hitler e delle SS. Nel luglio del 1944 essi organizzarono addirittura un attentato contro il Fuhrer, che fallì. 
In Iugoslavia la Resistenza fu organizzata dal generale Tito e dai nazionalisti serbi. I due gruppi finirono per farsi guerra, al punto che i nazionalisti serbi si allearono con i nazisti contro Tito. Quest’ultimo invece ebbe l’appoggio degli alleati e riuscì alla fine a liberare la Iugoslavia. La dura lotta delle forze di Tito si rivolse anche contro chi aveva collaborato con le forze nazifasciste ed a volte contro i civili. Le foibe, cavità naturali del Carso, furono usate come fosse comuni. 

La fine della guerra in Europa ed in Asia
La linea Gustav, nell’Italia centro – meridionale, venne sfondata dagli alleati nella primavera del 1944. Cassino venne conquistata dopo un lungo bombardamento. Ma i tedeschi riuscirono a fermare l’avanzata alleata sull’appennino tosco – emiliano, sulla famosa Linea Gotica
Nel frattempo, si apriva un nuovo fronte. Nel giugno del 1944 gli alleati effettuarono uno sbarco in Normandia (nord della Francia) con forze ingenti. Ormai la Germania era chiusa in una morsa: l’avanzata italiana a sud, l’occupazione alleata della Francia a nord, l’invasione russa della Polonia a est. Qui, come altre città europee, Varsavia insorse contro i tedeschi, ma Stalin non intervenne, lasciando che i nazisti sopprimessero i suoi eventuali futuri oppositori. 
Alla fine del 1944, vennero liberati i Balcani dalle forze sovietiche; gli inglesi occuparono la Grecia. 
Nel febbraio del 1945, nella conferenza di Yalta, si giunse ad alcuni accordi:
- l’URSS si impegnava a dichiarare guerra al Giappone
- si programmava la divisione della Germania in 4 zone di occupazione
- si decise il risarcimento della Polonia a danno della Germania
- si progettò l’organizzazione delle Nazioni Unite, che avrebbero dovuto in futuro risolvere le controversie internazionali
Nel mese di aprile, la disfatta delle forze tedesche fu totale. I sovietici occuparono Berlino, e dopo poco gli anglo americani si congiunsero ad essi, decretando la completa occupazione della Germania. 
In Italia la linea gotica venne sfondata a metà aprile. Mussolini tentò la fuga in Svizzera, ma fu riconosciuto ed arrestato dai partigiani e quindi fucilato. Hitler si suicidò nel suo bunker a Berlino qualche giorno dopo. 
Solo il Giappone continuava a contrastare l’America. Per tutto il 1944 vi era stata una serie continua di perdite di posizioni da parte dei giapponesi. L’attacco a Okinawa nel 1945 portò l’offensiva americana sul suolo giapponese. Nel tentativo disperato di resistere, i giapponesi avevano fatto ricorso anche ai piloti suicidi (i kamikaze).
Il nuovo presidente Truman decise di accelerare la caduta giapponese con l’impiego di due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, all’inizio di agosto. L’URSS, nel contempo, dichiarò guerra al Giappone, che si arrese a metà agosto.
Il secondo conflitto mondiale era terminato.

Dopo la guerra
Con la Conferenza di Potsdam (estate 1945) gli alleati stabilirono la definiva divisione della Germania (e di Berlino) in 4 zone d’occupazione: la logica della divisione in sfere di influenza prevalse su quella dell’autodeterminazione dei popoli. Si crearono anche le premesse per un divisione in blocchi contrapposti: era il prologo alla futura guerra fredda. 
I trattati di pace furono stilati a Parigi nel 1946: i disaccordi fra URSS e potenze occidentali emersero subito. La più grave questione rimase l’assetto della Germania.
A Norimberga, i gerarchi nazisti vennero processati e condannati per crimini contro l’umanità, un nuovo concetto giuridico. 
Tutto ciò che il nazismo aveva creato in Europa venne smantellato. La Polonia tuttavia si vide ridimensionata, e l’URSS mantenne buona parte dei territori invasi durante la guerra.
L’Italia subì pesanti clausole: perse le isole greche, cedette alcuni territori di confine alla Francia, l’Istria e parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Il territorio di Trieste fu diviso in zona A (controllata dagli angloamericani) e zona B (controllata dalla Jugoslavia). Trieste divenne effettivamente italiana solo nel 1954. L’Albania divenne indipendente e le colonie d’Africa definitivamente perdute.

Considerazioni
Alcuni storici hanno evidenziato la continuità fra Prima e Seconda Guerra Mondiale: si sarebbe trattato di un unico lungo periodo di conflittualità. Ciò in parte è vero, ma la Seconda Guerra Mondiale ha delle caratteristiche ben diverse dalla Prima:
- essa ebbe un’estensione molto più ampia, impiegò molte più risorse, causò molto più vittime (55 milioni contro gli 8 milioni della Prima)
- essa non fu combattuta prevalentemente al fronte, ma coinvolse in modo totale e drammatico tutta la popolazione ed ogni aspetto della vita (si pensi soltanto alle distruzioni causate dai massicci bombardamenti aerei su tutte le città europee, od ai rastrellamenti ed alle deportazioni)
- essa comportò un impiego massiccio di tecnologie, che condusse, fra l’altro, alla creazione di un nuovo ordigno, la bomba atomica, che pose drammatici interrogativi etici
- essa è stata dominata da un’ideologia nazista, mirante a creare un nuovo ordine nel mondo, basato sul predominio di una presunta “razza superiore” e teso a realizzare lo sterminio di un intero popolo

Schopenhauer



Cenni biografici. Arthur Schopenhauer nacque a Danzica nel 1788. Ebbe un’educazione raffinata e poté viaggiare molto, imparando diverse lingue straniere. A Weimar frequentò il salotto letterario organizzato dalla madre e conobbe i migliori ingegni, come Goethe, gli Schegel, etc. Molti erano i suoi interessi; ma alla fine decise di laurearsi in filosofia, presso l'Università di Jena.
Grazie all'eredità lasciatagli dal padre, poté vivere di rendita e dedicarsi completamente allo studio e alla ricerca. Nel 1818 pubblicò il suo capolavoro più famoso, “Il mondo come volontà e rappresentazione”. Pensò quindi di dedicarsi all'insegnamento universitario e scelse Berlino, dove dominava la filosofia di Hegel: logicamente le sue lezioni non furono seguite da nessuno ed egli si trasferì a Francoforte, dove rimase per il resto della vita, continuando a studiare e pubblicare. Il successo arrivò molto tardi, con la pubblicazione di “Parerga e paralipomena”. Morì nel 1860.

Il mondo come volontà e rappresentazione. Il capolavoro del filosofo, del 1819, considera il mondo una rappresentazione. È un’idea tipica della filosofia moderna: da Cartesio in poi, i filosofi affermano che l’unica conoscenza certa è quella dentro la nostra coscienza, perché non possiamo uscire da essa. Per Schopenhauer dunque il mondo è solo una nostra rappresentazione. Ogni rappresentazione, ovviamente, ha due elementi: il soggetto e l’oggetto. Sbaglia dunque il materialismo, perché riduce tutto a oggetto; ma sbaglia anche l’idealismo perché riduce tutto a soggetto.

Il velo di Maya. Naturalmente il mondo, che è nostra rappresentazione, è fenomeno; ma non come l’aveva inteso Kant. Per Kant il fenomeno era una realtà, anzi l’unica realtà conoscibile. Per Schopenhauer invece il fenomeno è una specie di illusione, che nasconde la vera realtà delle cose. È come il “velo di Maya” del pensiero indiano. La vita è come un sogno, un’apparenza, proprio come affermavano grandi pensatori di tutti i tempi: i Veda, Platone, Shakespeare, Calderon de La Barca e così via.

La vera essenza: la Volontà. Ma, oltre all’illusione, esiste la realtà vera. Essa può essere raggiunta, a differenza del noumeno. L’uomo, che a differenza degli altri animali è un “animale metafisico”, può interrogarsi sulla vera essenza della vita, scrutando dentro se stesso. Tale essenza è la Volontà, un impulso fortissimo che spinge ad esistere, ad agire. Essa pervade tutto l’universo ed ogni fenomeno è una sua manifestazione.  
La Volontà è al di là dello spazio, del tempo, della causalità, in quanto al di là dei fenomeni. È anche inconscia perché la coscienza è solo una delle sue possibili manifestazioni: non è la nostra volontà cosciente, ma un impulso, presente anche nelle rocce e nei vegetali.  Essa è unica, perché non è legata ai singoli individui. È cieca, e senza scopo a parte se stessa. La Volontà vuole la Volontà.

Il dolore e la noia. Se la vita è volontà, la vita è anche dolore. Volere significa sentire la mancanza di qualcosa che si desidera, e dunque sentire un vuoto, che non può che portare sofferenza. L’uomo è il più sfortunato, perché in lui la Volontà è cosciente, consapevole. E, fra gli uomini, il genio è colui che soffre di più, proprio perché in lui la consapevolezza e la sensibilità è più alta.
Quello che chiamiamo gioia è solo cessazione momentanea del dolore, per lo scarico di una tensione. Ma ad esso segue un nuovo desiderio, e dunque nuovo dolore. Dunque il dolore è permanente, il piacere è momentaneo. Esiste del resto una terza condizione, che è la noia, che avviene quando non c’è desiderio o non si fa nulla.   
Come un pendolo, la vita umana oscilla tra il dolore e la noia.

Il pessimismo. Il pensiero di Schopenhauer è un pessimismo cosmico radicale: non solo la vita è male, il principio stesso dell’esistenza contiene il male. Il filosofo ovviamente è duramente polemico verso tutte le filosofie ottimistiche e verso le religioni, che vedono il mondo come un meccanismo perfetto, governato da Dio o da un altro principio. È una visione consolatrice, certamente; ma del tutto falsa. In particolare, Schopenhauer non può credere in Dio, perché non c’è spazio per un creatore buono e razionale in un mondo che è male e caos.

L’amore. La vita è dolore anche perché è guerra spietata di tutti contro tutti, in quanto ognuno è spinto alla propria autoconservazione. Alla natura interessa solo la sopravvivenza della specie, e quindi essa inganna gli uomini con l’amore; Cupido è  “il signore degli dèi e degli uomini” perché dietro a lui sta il freddo calcolo della specie. L’atto procreativo, secondo Schopenhauer, è vissuto con vergogna non per motivi religiosi, ma perché commette il reato più grave: il far nascere nuove creature condannate a soffrire.
L'amore per lui è “due infelicità che si incontrano, due infelicità che si scambiano ed una terza infelicità che si prepara!”.

La storia. Schopenhauer critica ogni storicismo. Se andiamo oltre le apparenze, scopriamo infatti che “non vi è nulla di nuovo sotto il sole”. La storia dell'uomo è sempre uguale: quello che cambia non è l'essenza delle cose, ma solo la loro facciata superficiale. L’umanità si illude, perché spera di eliminare il dolore cambiando le condizioni o cercando il progresso. Ma è un inganno. L’unico vero compito della storia è rendere l’uomo consapevole del suo vero destino.

La liberazione dalla Volontà. Quando l’uomo capisce che il mondo è Volontà, è pronto per la salvezza, che coincide con il cessare di volere. Liberarsi dalla Volontà – e dunque dal dolore – può avvenire in tanti modi: suicidio, arte, morale, ascesi.
In realtà egli rifiuta il suicidio, perché esso resta un atto della Volontà, e per giunta esso sopprime solo un individuo, una singola manifestazione della Volontà. È dunque un atto inutile.
In quanto all'arte, essa è conoscenza pura disinteressata che si rivolge alle idee, ossia alle forme eterne. Essa perciò sottrae l’uomo dal giro vizioso dei desideri. Tra le arti spicca la tragedia, che esprime meglio il dolore e l’affanno, e la musica, che rivela la volontà a se stessa. Però è una liberazione momentanea, un conforto temporaneo.
La morale nasce da un sentimento di pietà, in cui noi usciamo da noi stessi, compatiamo il nostro prossimo e giungiamo ad identificarci col suo tormento. La pietà si concretizza in due virtù: la giustizia (che ha un carattere negativo, in quanto consiste nel non fare il male) e la carità (che è la volontà positiva di fare del bene). Ma anche se è una vittoria sull'egoismo, è una vittoria voluta, dunque dipendente dalla volontà.
La liberazione totale dalla Volontà si potrebbe ottenere completamente solo con l’ascesi. Con l’ascesi l’individuo, cessa di volere la vita. Il primo passo verso l’ascesi è la castità, che libera dall'impulso alla propagazione della specie. Allo stesso scopo tendono la povertà, il sacrificio, il digiuno, e così via. Qualora questo cammino fosse compiuto, l’uomo sarebbe davvero libero. La volontà diventerebbe nolontà, e l’uomo giungerebbe al nulla, in un oceano di pace dove si dissolverebbe l’io. Ma forse è un obiettivo impossibile da raggiungere: dal momento che il mondo continua a esistere, dal momento noi continuiamo ad esistere, la Volontà non è stata ancora vinta. 

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