martedì 1 gennaio 2019

Dante e la Divina Commedia in breve: due esempi di canti

DANTE ALIGHIERI

Dante  Alighieri è uno dei più grandi scrittori italiani e per la sua importanza è considerato il padre della lingua italiana.
Egli nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia guelfa, cioè sostenitrice del papa contro l’imperatore. Lesse e studiò moltissimo, dai classici latini ai poeti provenzali e siciliani;  inoltre entrò nella politica e diventò addirittura uno dei Priori (cioè uno dei capi del governo) di Firenze.
Purtroppo fu una vittima delle lotte politiche tra Guelfi bianchi e Guelfi neri; quando i Guelfi neri presero il comando di Firenze, lui, che era un Guelfo bianco, venne condannato e mandato in esilio. Cominciarono per Dante gli anni  più tristi, perché fu costretto a girovagare e trovare ospitalità presso molte corti italiane.  Però furono anni importanti perché scrisse molte opere, come il suo capolavoro, la Divina Commedia. Morì nel 1321 a Ravenna, dove fu sepolto.


Tra le sue opere ricordiamo:

  • la Vita Nova, opera in versi e prosa, dove racconta del suo amore per Beatrice che continua anche dopo la sua morte; 
  • il Convivio, una specie di enciclopedia delle conoscenze più importanti; 
  • il De Vulgari Eloquentia (si legge: eloquenzia) dedicata alle lingue volgari, cioè le lingue parlate che hanno sostituito il latino; 
  • il suo capolavoro, la Divina Commedia, un viaggio del poeta nei tre regni dell’aldilà (Inferno, Purgatorio, Paradiso) per raggiungere la salvezza dell’anima.  



LA DIVINA COMMEDIA

Il poema racconta il viaggio di Dante nell’Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso.
Dante racconta che si è perduto in una selva (= foresta) oscura (il peccato), e tre belve gli impediscono di uscire; ma arriva il poeta latino Virgilio a salvarlo, dicendogli che dovrà fare un viaggio in tutti e tre i regni dei morti.


L’Inferno ha la forma di un’enorme voragine (= buco nella terra) a forma di cono, diviso in 9 cerchi (o gironi); qui le anime malvagie scontano le loro terribili pene. Queste pene sono date per contrappasso, cioè esse ricordano il peccato compiuto in vita. Più in basso di tutti c’è il diavolo stesso, Lucifero, l’angelo che si era ribellato a Dio. Si trova al centro della Terra e con le sue tre bocche divora orribilmente i grandi traditori della storia: Giuda, Bruto e Cassio.





Il Purgatorio invece è una montagna in mezzo all’oceano. È divisa in 7 cornici e qui le anime devono purificarsi per poter arrivare in Paradiso. Quindi, a differenza delle anime dannate dell’Inferno, le loro pene non dureranno per l’eternità.
In cima al Purgatorio Virgilio deve abbandonare Dante perché non può salire in Paradiso. La sua guida diventa Beatrice, la donna che aveva amato quando era viva e che ora gli permette di avvicinarsi a Dio.




Il Paradiso è formato da 9 cieli. Qui Dante incontra i santi ed i beati, le anime buone che possono vedere Dio. I cieli prendono il nome del sole, della luna e dei pianeti conosciuti al tempo di Dante.
Alla fine Dante giunge nell’Empireo, la parte più alta del Paradiso. Grazie all’aiuto di San Bernardo e della Madonna, a Dante è permesso di guardare Dio, l'amor che move il sole e l'altre stelle.




IL CANTO TREDICESIMO DELL’INFERNO


Dante e Virgilio si trovano in un’orribile boscaglia, fatta di alberi contorti e senza foglie. Dante sente dei lamenti venire dagli alberi, allora Virgilio gli dice di spezzare un rametto; una voce lo rimprovera di averlo spezzato e dal ramo esce sangue.
L’anima nell’albero spiega che è Pier delle Vigne, segretario di Federico II, che persone invidiose avevano accusato falsamente di tradimento. Per disperazione si era suicidato, finendo all’Inferno.
I suicidi, dato che hanno rinunciato al loro corpo, non sono degni di averlo e vengono trasformati in piante. Dopo il Giudizio Universale, i loro corpi resteranno appesi ai rami (nell’Inferno la pena ricorda sempre il peccato fatto: è la legge del contrappasso).
Improvvisamente Dante e Virgilio vedono due dannati che scappano nudi dentro la boscaglia, ferendosi e spezzando i rami. Quello più lento viene raggiunto da due cani neri che lo sbranano e portano via le carni. I dannati sono gli scialacquatori, cioè quelli che, spendendo senza limiti, hanno distrutto tutto quello che avevano e ora essi stessi vengono fatti a pezzi.




IL CANTO TRENTATREESIMO DEL PARADISO




Dante è arrivato alla fine del suo  viaggio: gli resta solo di poter vedere Dio. Ma Dante è un uomo vivo, non un’anima; allora San Bernardo, in una bellissima preghiera, chiede alla Vergine Maria di dare a Dante la forza sufficiente per poter guardare nella mente di Dio.
Maria dice di sì e San Bernardo, con un sorriso, invita Dante a guardare in alto. Le parole non riescono a spiegare quello che Dante ha visto; quello che Dante ricorda è soprattutto la dolcezza infinita provata guardando Dio.
Dante vede dentro la mente di Dio tutto l’universo ed il mistero della Trinità. La vista di Dio diventa una felicità infinita, perché Dante comprende ogni mistero dell’universo ed ha la risposta ad ogni domanda. Con la visione dell’amore infinito di Dio finisce la Divina Commedia.

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