mercoledì 22 maggio 2013

La seconda guerra mondiale: una sintesi




Verso il conflitto


La politica di espansione della Germania nazista portò in pochi anni allo scoppio di un secondo conflitto mondiale. Il Terzo Reich si legò all’Italia fascista e al Giappone, mentre Gran Bretagna e Francia si coalizzarono per fronteggiare la nuova minaccia.
Nel 1938 Hitler aveva ormai avviato il riarmo tedesco e si era assicurato l’appoggio di Mussolini. Il primo obbiettivo dell’espansionismo nazista fu l’Austria. Gli austriaci accolsero l’ingresso dei tedeschi nei loro confini con entusiasmo e grandi festeggiamenti.
Nel settembre 1938 Hitler minacciò l’invasione dei Sudeti, regione della Cecoslovacchia a maggioranza tedesca. I rappresentanti di Francia, Gran Bretagna e Italia si riunirono a Monaco per risolvere pacificamente la questione. I Sudeti vennero ceduti alla Germania, che si impegnava a rinunciare a ulteriori annessioni.
Il 15 marzo 1939 le truppe naziste, violando gli accordi di Monaco, entrarono in Cecoslovacchia. Contemporaneamente aumentavano le pressioni sulla Polonia per la cessione del “corridoio di Danzica”. Il governo polacco inviò una risposta categoricamente negativa alle richieste tedesche.
Di fronte a ciò, il governo inglese si decise a un eventuale sostegno militare nei confronti della Polonia minacciata. In aprile Francia e Inghilterra iniziarono le trattative con l’URSS per dare vita ad un’alleanza antigermanica.
Mussolini, intanto, invadeva l’Albania. La politica estera del Duce dipendeva sempre di più dall’alleanza con i tedeschi. L’Italia, infatti, legava definitivamente i propri destini con la Germania con la firma del patto d’Acciaio. Con esso, l’Italia si impegnava ad entrare in guerra a fianco della Germania in azioni sia difensive sia offensive. Mussolini, tuttavia, era consapevole della debolezza militare italiana.
Un evento imprevedibile sconvolse la situazione politica europea: nell’agosto 1939 Molotov e von Ribbentrop, ministri degli esteri sovietico e tedesco, firmarono un patto di non aggressione della durata di dieci anni. Stalin riteneva in questo modo di essersi messo al sicuro da eventuali rischi bellici.
Tale patto comprendeva un protocollo segreto con il quale l’URSS e la Germania si accordarono per la spartizione della Polonia. Hitler era pronto all’offensiva. L’attacco alla Polonia venne fissato per il 26 agosto 1939. Tuttavia il 25 agosto l’Inghilterra aveva formalizzato la propria alleanza militare con la Polonia.


Lo scoppio del conflitto e le prime operazioni. La “guerra lampo” (1939-1940)

Il 1° settembre 1939 i carri armati tedeschi invasero la Polonia da occidente, men­tre l'Armata rossa avanzava da oriente. I polacchi opposero resistenza, ma nel giro di un mese il Paese venne occupato. L'invasione della Polonia scatenò la reazione di Francia e Gran Bretagna, che il 3 settembre dichiararono guerra alla Germania.
Mussolini, con il consenso di Hitler, per il momento decise di restare neutrale. Secondo gli accordi segreti del patto Molotov-Ribbentrop, l’URSS occupò alcune aree della Polonia orientale e lanciò l'attacco contro la Finlandia.
La disperata resistenza finnica si prolungò fino al marzo del 1940, quando venne firmata la pace a Mosca. La Finlandia ce­deva l’istmo di Carelia e la base navale di Hango.
Sul fronte francese, si attendeva l'attacco tedesco dietro la linea fortificata Maginot. Ma le cose non andarono come previsto.
Nella primavera del 1940 Hitler rivolse le sue forze a settentrione: nell'aprile occupò Danimarca e Norvegia. A questo punto, i tedeschi attaccarono direttamente gli anglo-francesi. All'inizio l'offensiva occidentale della Germania si svolse secondo una strategia simile a quella della Grande Guerra: nel maggio del 1940 le truppe naziste invasero paesi neutrali, quali Belgio, Lussemburgo e Olanda, quindi aggirarono la linea Maginot attaccando la Francia da nord.
Il 14 giugno i tedeschi entrarono da vincitori a Parigi. La guerra in Europa poteva pressoché dirsi conclusa. Mussolini, abbagliato dal successo senza precedenti dell'offensiva nazista, abban­donò precipitosamente la posizione di neutralità e attaccò la Francia sulle Alpi poco prima della caduta di Parigi (10 giugno). Tuttavia le truppe italiane non riuscirono ad avanzare di molto in Francia.
Il governo francese, con sede a Vichy, divenne un satel­lite nell'orbita nazista. Intanto, postosi a capo dei francesi fuggiti, il generale Charles De Gaulle lanciava ai francesi, da Londra, disperati appelli alla resistenza.
Hitler decise di effettuare una massiccia offensiva aerea contro la Gran Bretagna, per fiaccare la resistenza inglese e preparare l’invasione dell’isola. Fra l'agosto e il settembre del 1940 si svolse la violentissima "battaglia d'Inghilterra". L'aviazione tedesca causò ingenti danni con i suoi bombardamenti, ma non raggiun­se la scopo, anche perché i piloti della RAF (Royal Air Force) le inflissero gravissime perdite. Hitler dovette accantonare l'illusione di una ra­pida vittoria.
Nei settembre 1940 il Führer rafforzò ulteriormente le sue posizioni attraverso iniziative diplomatiche di allargamento del suo sistema di alleanze. Il 27 settembre Germa­nia, Italia e Giappone firmavano a Berlino il patto tripartito, stringendo un'allean­za inedita allo scopo di creare un "nuovo ordine" in Europa e in Asia. In seguito, aderirono al patto anche Ungheria, Romania e Jugo­slavia. Mussolini diede inizio alla "guerra parallela". Fra il luglio e il settembre 1940, truppe italiane attaccarono i domini inglesi in Africa settentrionale. In ottobre partì un'offensiva contro la Grecia che si rivelò subito un colossale insuccesso, in cui le truppe tedesche dovettero intervenire a sostegno degli italiani per evitare l’occupazione dell'Albania da parte dell'esercito greco. Erano, così, risultate evidenti l’inaffidabilità e l'impreparazione dell'esercito italiano. In Africa, l'offensiva italiana dalla Libia verso l’E­gitto causò una violenta controffensiva inglese. Nel dicembre del 1940 gli inglesi entra­vano in Cirenaica e solo l'intervento dell'Afrikakorps riuscì a farli ripiegare. Anche sul mare l'Italia non ottenne i successi spe­rati. Infatti, la flotta inglese si scontrò con quella italiana in mare aperto e le inflisse pesanti sconfitte. L’11 novembre del 1940 la flotta italiana veniva attaccata nel porto di Taranto subendo ingenti perdite.

L’attacco nazista all’URSS 

L'intervento nazista nei Balcani aveva definitivamente incrinato le relazioni diplomatiche fra l’URSS e Germania. L’invasio­ne rispondeva a varie esigenze strategiche e ideologiche.

Le cause dell’attacco tedesco all’URSS
Cause militari
Hitler riteneva di importanza vitale piegare in tempi brevi l’esercito sovietico.
Cause economiche
Il territorio russo avrebbe rappresentato una riserva inesauribile di materie prime.
Cause ideologiche
Hitler concepiva la guerra all'URSS come la lotta contra il giudaismo marxista.
Conquista dello “spazio vitale”
Nel Mein Kampf Hitler sosteneva la necessità dell'espansione a oriente.
Cause razziali
L’idea razziale dei popoli slavi implicava la loro sottomissione alla razza ariana.

L'offensiva contro l’Unione Sovietica iniziò il 22 giugno 1941, senza dichiarazione di guerra. Le forze armate tedesche tentarono di porre in atto una strategia ambiziosa. Le truppe avanzarono lungo un fronte di 1600 chilometri, seguendo tre prin­cipali direzioni: Leningrado, Mosca e il Mar Nero. L’esercito nazista aveva inflitto ai russi perdite terribili.
In questo terribile frangente Stalin chiamò a raccolta il suo popolo in difesa del suolo nazionale. Progressivamente le forze militari sovietiche si riorganizzarono. Hitler era convinto di portare a termine le operazioni prima dell'inverno russo, perciò le sue armate non partirono equipaggiate per affrontare i rigori del gelo.
Il piano tedesco non raggiunse gli obiettivi previsti: l'avanzata fu rallentata da fattori ambientali. Leningrado venne assediata per ventotto mesi; presso Mosca una battaglia furibonda determinò l'arresto dell'offensiva nazista. Il piano di "guerra lampo" era fallito.



L’intervento americano

Nel marzo del 1941 gli USA concede­vano aiuti economici agevolati alla Gran Bretagna. Fin dall'inizio della guer­ra, gli Stati Uniti avevano guardato con favore alla resistenza anglo-francese.
Il 14 agosto 1941 Churchill e Roosevelt firmarono la Carta atlantica, in cui venivano determinati i principi per la ricostru­zione di un mondo liberato dalla minaccia nazista. Anche l’URSS aderì al documento.
Nell'area del Pacifico il Giappone occupò l'Indocina francese. USA e Gran Bretagna, preoccupate per la minaccia giappo­nese dalle loro colonie intimarono il ritiro delle truppe di occupazione. Era evidente che gli interessi nipponici erano rivolti verso sud. Il 7 dicembre 1941, senza una dichiarazione di guerra ufficiale l'aviazione giapponese distrusse più della meta della flotta americana ormeggiata nel porto di Pearl Harbor.
L'8 dicembre USA e Gran Bretagna dichiararono guerra al Giappone. L'11 Germania e Italia dichiararono guerra agli USA. Il conflitto assunse dimensioni mondiali.
La guerra in Estremo Oriente e nel Pacifico fu domina­ta dalle forze giapponesi. Nel Sud del Pacifico il Giappone attaccava direttamente l'Australia. Le forze in­glesi furono praticamente annientate e gli Stati Uniti si trovarono in grave difficoltà.
Nei territori occupati, i giapponesi, pur sostenendo la superiorità della razza nipponica, non compirono eccessi come quelli nazisti. Mancava infatti un piano organizzato per lo sterminio raz­ziale come quello tedesco. Soprattutto quando, dopo il 1942, l'andamento della guerra volse a svantaggio del Giappone, si cercò di far partecipare i Paesi soggetti a un comune progetto anticolonialista e antiocci­dentale.



Il "nuovo ordine"

L’alleanza sancita dalla Carta atlantica venne consolidata dalla Conferenza di Washington. Il documento conclusivo della Conferenza fu il patto delle Nazioni Unite, firmato da 26 Paesi, fra cui USA, Gran Bretagna, URSS, tutti impegnati a lottare contro il nazifascismo fino alla sua completa sconfitta.
Nell'Europa occupata il regime nazista stava imponendo il "nuovo ordine”. Esso si ba­sava sui principi della superiorità della razza "ariana", sulla totale sotto­missione dei popoli slavi e sulla volontà di realizzare la cosid­detta soluzione finale della "questione ebrai­ca”.
Gli ebrei furono rinchiusi nei ghetti. Vennero infine deportati in campi di concentramento e di sterminio (lager), nei quali erano annullati come esseri umani. Essi erano immediatamente sottoposti a una selezione che eliminava tutti coloro che non erano in grado di lavorare. Quelli che superavano la selezione venivano sfruttati nei lavori forzati, finché morivano di stenti o venivano uccisi nelle camere a gas. Nel gennaio del 1942 si tenne a Wannsee una riunione delle ge­rarchie naziste. Fu in questa riunione che venne redatto un protocollo in cui si indi­cava come unica via possibile per la soluzione finale lo sterminio indiscriminato e sistematico di tutti gli ebrei. Fu sperimentato il si­stema delle camere a gas.
I tedeschi controllavano i territori oc­cupati con una ferrea organizzazione poliziesca. I "protettorati” e i "territori orienta­li", erano delle vere e proprie colonie in cui non esisteva alcuna forma di autorità locale. I Paesi occupati erano invece soggetti al controllo militare. Vi erano poi una serie di Stati indipenden­ti ma satelliti della Grande Germania, in cui erano stati instaurati regimi collaborazionisti e filona­zisti.
Ma fu soprattutto nell'Europa orien­tale che l'occupazione tedesca risultò spietata. L'in­vocato "Nuovo Ordine” all'Est signi­ficava la sottomissione e la schiaviz­zazione degli slavi.
Hitler realizzava così le due idee forti della sua "concezione politica": la soluzione finale del problema ebraico e l'occupazione a Est dello "spazio vitale".

La svolta del conflitto (1942-1943)

Nella seconda metà del 1942 gli Alleati presero l'iniziativa. Tre battaglie segnarono la svolta nell'andamento del conflitto: quella di Midway nel Pacifico, quella di El Alamein in Africa e quella di Stalingrado in Russia.
Nel Pacifico le forze americane sconfissero la flotta giapponese. Questo interruppe l'offensiva nipponica e diede inizio al vittorioso contrattacco statunitense, che si estese anche alla Cina.
In Africa le truppe tedesche furono fermate e respinte. Con lo sbarco delle truppe americane in Marocco e in Algeria gli italo-tedeschi, completamente accerchiati, si arresero il 13 maggio 1943.
In Russia, nel luglio del 1942, era iniziato l'assedio di Stalingrado da parte dei tedeschi. L'esercito russo scatenò una controffen­siva che provocò l'accerchiamento dei tedeschi e li costrinse alla resa. La battaglia di Stalingrado determinò l'inizio del crollo militare tedesco.
Fra il 28 novembre e il 1° dicembre del 1943 si tenne a Teheran una conferenza dei capi di Stato alleati per concordare le strategie del conflitto. Vi parteciparono Stalin, Chur­chill, Roosevelt. Il leader sovietico ottenne l'impegno ad aprire un secondo fronte euro­peo con uno sbarco sulle coste francesi. Si stabilì inoltre la divisione della Germania in vari Sta­ti.


1943-1944: il crollo del fascismo; gli alleati in Italia

In Italia il regime fascista aveva perso gran parte del sostegno popolare in seguito all'entrata in guerra. Nel marzo del 1943 gli operai avevano effettuato per la pri­ma volta alcuni scioperi. La conquista della Tunisia da parte delle forze alleate costituì la premessa per lo sbarco in Italia.
Il 9 e 10 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia. La rapida avanzata degli Alleati accelerò il crollo del regime. Nella notte fra il 24 e il 25 luglio il Gran Consiglio del fascismo, attraverso una mozione votò la sfiducia al Duce. Il re Vittorio Emanuele III destituì Mussolini e lo fece arrestare, affidando l'incarico della formazione di un go­verno tecnico-militare al maresciallo Pietro Badoglio.
I primi 45 giorni del governo Badoglio disillusero coloro che avevano sperato in un rinnovamento democratico. Badoglio fu esitante e incerto. Il governo, inoltre, impedì la ricostituzione dei partiti democratici e inoltre confermò l'al­leanza con i tedeschi, mentre intavolava trattative con gli Alleati.
L'armistizio fu annunciato l'8 set­tembre. Le truppe tedesche reagirono subito all'armistizio: attacca­rono i reparti italiani che non consegnavano le armi; liberarono Mussolini dal car­cere del Gran Sasso e lo aiutarono a costituire la Repubblica sociale italiana (RSI), con capitale Salò.
I tedeschi arrestarono e deportarono i militari italiani. Solo coloro che acconsentirono all'arruolamento nell’esercito di Salò vennero liberati.
Ben presto le forze "repubblichine" (gli ade­renti al nuovo governo fascista) iniziarono una stretta collaborazione con le forze ar­mate naziste. Fin dal 9 settembre si erano però organizzate in Italia formazioni par­tigiane, che combattevano i tedeschi e i fascisti.
Le truppe naziste fermarono in Italia l'avanzata degli Alleati nei pressi di Cassino.
Il 13 ottobre Badoglio dichiarava guerra alla Germania, trasformando l'Italia in Paese "cobelligerante" con gli Alleati. Il termine "cobelligerante" derivava dalla situazione italiana che appariva assai confusa.
Dal punto di vista geo-politico l'Italia era spaccata in due zone:
  • la Repubblica di Salò occupava l'area settentrionale della penisola;
  • nel Sud sopravviveva il Regno d'Italia con la pre­senza militare delle forze di liberazione anglo-americane.

La resistenza in Europa

Fenomeni di opposizione armata al nazifascismo, da parte di gruppi organizzati e clandestini, si registrarono in diversi Paesi europei. La Resistenza assunse aspetti differenti da Paese a Paese, ma in generale ebbe caratteristiche di lotta di liberazione nazionale e dunque fu anche guerra civile.
In Europa settentrionale erano comparsi già nel 1940 i primi movimenti di Resi­stenza, nei quali i partigiani compivano azioni di sabotaggio, di guer­riglia, organizzavano scioperi e diffondevano stampa clandestina antinazista.
In Francia, De Gaulle diede vita a un Comitato francese di liberazione nazionale. Si trattava di un organismo che comprendeva tutti i partiti antinazisti. Nel giugno del 1944 il Comitato di liberazione nazionale si trasformò in gover­no provvisorio della Repubblica francese, che si insediò a Parigi, dopo la liberazio­ne della capitale, nell'agosto del 1944.
In Germania si verificarono sporadiche ed elitarie prese di posizione antihitleriane. Non si sviluppò mai un'opposi­zione attiva come in altri Paesi. Questo era dovuto in buona misura alla grande e capillare organizzazione che il regime aveva predisposto, ma anche all'indubbio consenso dei tedeschi all'ideologia hitleriana. Il 20 luglio 1944 venne addirittura organizzato dai vertici dell'esercito un attentato contro Hitler, che fallì miseramente, scatenando una feroce repressione da parte del regime.
In Jugoslavia la resistenza era organizzata dall'opera instancabile del generale Tito, che ottenne la piena fiducia degli Alleati e divenne il punto di riferimento della Resistenza nei Balcani. L'azione dei reparti di Tito si rivolse anche contro chi aveva collaborato con l'invasore nazifascista. Le foibe, cavità naturali della regione istriana e carsica, fu­rono usate come fosse comuni in cui gettare le vittime. Alcune migliaia di italiani furono fra le vittime della guerra partigiana condotta dalle forze di Tito. Anche in Grecia si determinò un forte contrasto fra par­tigiani comunisti e anticomunisti, che avrebbe avuto esiti tragici nel dopoguerra.


1944-1945: la conclusione del conflitto e la sconfitta del nazismo

La linea Gustav, sulla quale si erano attestati i tedeschi in Italia centro-meridionale, venne sfondata nella primavera del 1944. Gli Alleati avanzarono rapidamente verso nord, occupando Roma e Fi­renze. I tedeschi riuscirono a fermare l'avanzata anglo-americana e si attestarono lungo la linea gotica.
Nel rispetto degli accordi di Teheran le for­ze alleate effettuarono uno sbarco in Normandia con grande dispiegamento di mezzi (6 giugno 1944, passato alla storia come il D-Day). I tedeschi si trovarono stretti in una morsa: a ovest gli anglo-americani avanzavano verso Parigi; a sud l'Ita­lia era conquistata passo passo; a est l'Armata Rossa invadeva la Polonia.
Mentre si avvicinavano le truppe alleate, Parigi si liberò con un'insurrezione popo­lare. Il generale De Gaulle entrò nella capitale francese da vincitore al fianco dei comandi alleati (26 agosto) e organizzò il nuovo governo della Francia liberata. In settembre tutta l'area occidentale era libera dall'occupazione nazista.
A oriente, in giugno le truppe sovietiche entrarono in Polonia. Varsavia insorse contro i tedeschi, sperando che l'Armata rossa intervenisse.
Roosevelt e Stalin si in­contrarono a Mosca per decidere l'assetto dell'Europa e stabilire le aree di occupazione dei due eserciti, quello sovietico e quel­lo alleato. A quelle disposizioni si attennero in modo scrupoloso le forte antinazi­ste nei mesi seguenti.
Le forze armate sovietiche occuparono Bulgaria, Romania e Ungheria.
Analogamente gli inglesi poterono penetrare in Grecia senza alcuna opposizione da parte dei sovietici.
Nel Pacifico i giapponesi arretravano di fronte all'offensiva americana.
Tra il 4 e l'11 febbraio del 1945 si tenne la Conferenza di Yalta: Roosevelt, Churchill e Stalin si riu­nirono per decidere l'assetto post-bellico dell'Europa:
  • l'URSS si assunse l'impegno di dichiarare guerra al Giappone;
  • si procedette alla definizione delle zone di occupazione della Germania;
  • si stabilì che nei Paesi liberati si sarebbero tenute libere elezioni per l'autodeter­minazione della forma di governo;
  • si decise che la Polonia sarebbe stata risarcita a occidente a scapito della Germa­nia;
  • si progettò l'istituzione di un'Organizzazione delle Nazioni Unite, con lo sco­po di risolvere pacificamente le controversie internazionali.
Intanto l'offensiva antinazista giunse al termine. Gli anglo-americani avanzarono su Amburgo in direzione di Berlino e il 26 aprile si congiunsero alle truppe sovietiche presso l'Elba. In Italia la linea gotica venne sfondata. Il 25 aprile il Comitato di liberazione nazionale proclamò l'insurrezione popolare. Mussolini tentò la fuga in Svizzera, ma venne riconosciuto e arrestato dai partigiani. Venne fucilato e il suo cadavere fu espo­sto all’oltraggio pubblico in piazzale Loreto a Milano. Hitler si suicidò nel bunker della Cancelleria, a Berlino.
Il Giappone era ormai solo a contrastare disperatamente l'offensiva americana ed era ormai sull'orlo del collasso a causa dello sforzo economico sostenuto per la guerra. Alla fine del 1943 cominciò l’offensiva americana nel Giappone. Nel disperato tentativo di resistere, i giapponesi avevano iniziato fin dall'ottobre del 1944 a colpire le navi americane con le missioni suicide degli aerei kamikaze.
Il Giappone disponeva an­cora di un esercito di circa 3 milioni di uomini pronti a qualunque sacrificio.
Il nuovo presidente degli USA, Harry S. Truman, decise di sganciare due bombe atomiche sulle città di Hiroshima e Naga­saki, con lo scopo di piegare la resistenza nipponica. Gli ordigni caddero sulle due città, il 6 e il 9 agosto, producendo orrende stragi con effetti devastanti.
Il 14 agosto il Giappone si arrese.
La guerra era davvero finita.

La Conferenza di Potsdam e l’assetto postbellico

I capi dei tre grandi Paesi vincitori (USA, Gran Bretagna, URSS) si incontraro­no a Potsdam, presto Berlino, nell'estate del 1945. Il punto centrale della Conferenza fu la risoluzione del problema dell’assetto della Germania, che aveva firmato la resa senza con­dizioni. Si delineò la suddivisione del territorio in zone d'occupazione, controllate dai vincitori (americani, russi, inglesi e anche francesi). Anche Berlino venne divisa in quattro zone d'occupazione. La logica della suddivisione dell'Europa in sfere di influen­za finì per prevalere sul principio di autodeterminazione dei popoli. In pratica, si as­segnarono alle forze occidentali e a quelle sovietiche le zone liberate dai rispettivi eserciti.
L'Organizzazione delle Na­zioni Unite (ONU) fu istituita durante la Conferenza di San Francisco, con l'adesione iniziale di una cinquantina di Paesi. La complessa organizzazione istituzionale dell'ONU risentì delle tensioni internazionali.
Un passo importante nella riorganizzazione politico-economica del mondo era stato segnato con la Conferenza di Bretton Woods (luglio 1944), che regolò i rapporti economici e finanziari nell'interesse dei Paesi occidentali. Tali accordi prevedevano l'istituzione di un Fondo monetario internazionale e di una Banca mondiale. Il controllo americano sul Fondo e sulla Banca mondiale divenne sempre più stretto.


Principi ispiratori dello Statuto delle Nazioni Unite
·      Preservare le future generazioni dal flagello della guerra
·      Riaffermare i diritti fondamentali dell’uomo
·      Promuovere il progresso sociale e la libertà
·      Praticare la tolleranza e istituire relazioni pacifiche fra i popoli
·      Utilizzo delle forze armate solo nel comune interesse
·      Impiego di strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli

I trattati di pace

I trattati di pace furono stilati a Parigi e firmati a New York il 10 febbraio del 1947. I dissensi fra l'URSS e le potenze occidentali emersero in maniera nettissima durante i lavori. Tra le più importanti questioni ir­risolte vi fu l'assetto postbellico della Germania, che rimase divisa in quattro zone. Allo stesso modo non vennero definite le situazioni di Austria e Giappone.
I membri delle SS furono imprigionati, in attesa che fossero accertate le responsabilità personali nei crimini di guerra. I più importanti gerarchi nazisti vennero processati a Norimberga e la maggior parte di essi furono condannati per crimini contro l'umanità.
L'Italia venne trattata da Paese vinto e subì pesanti clausole. Le isole del Dodecaneso e Rodi vennero assegnate alla Grecia; l'Istria (con Fiume e Zara) e parte della Ve­nezia Giulia alla Jugoslavia; l'Albania divenne indipendente; tutte le colonie furono abbandonate. La questione coloniale era in effetti scottante per tutti i Paesi. Nessuna specifica decisione venne presa sulla sorte delle colonie dei Paesi vincitori. Il processo di decolonizzazione era ormai av­viato, e avrebbe rappresentato uno dei fenomeni politici più importanti del secon­do dopoguerra.

Le due guerre: un confronto e un bilancio

Alcuni storici hanno utilizzato la defi­nizione di "Seconda Guerra dei Trent'anni" per indicare il periodo 1914-1945. In tal modo si è voluto esprimere il senso di una continuità fra le due guerre mondiali e anche mettere in luce il fatto che la Seconda ten­derebbe drammaticamente a risolvere le questioni irrisolte della Prima. Anche nei sistemi di alleanze, vengono riscontrate evidenti analogie: da un lato le democrazie occidentali, dall'al­tro i regimi autoritari.
Questo schema interpretativo, da un lato coglie indubbie continuità, dall'altro finisce per rendere poco evidenti le differenze profonde che esistono fra i due conflitti.
Non si tratta solo di differenze quantitative. La Seconda guerra mondiale e stata da questo punto di vista "più grande" della Grande Guerra, sia per quel che riguarda l'estensione geografica, sia per quanto concerne le tecnologie impiegate e il massiccio contributo, dell'industria, sia per il numero delle vittime (dagli 8 milioni circa della Prima ai 55 milioni circa della Seconda).
In realtà le differenze più accentuate sono di tipo qualitativo.
Se la Grande Guerra é stata definita la prima guerra "totale", solo la Seconda ha vi­sto il coinvolgimento della popolazione civile in modo diretto e sistematico. La Prima fu una guerra prevalentemente combattuta al fronte, in trincea; la Seconda, una guerra illimitata e dilatata fino a coinvolgere ogni momento e aspetto della vi­ta quotidiana. Ciò in gran parte si spiega con il massiccio impiego dell'aviazione e dei bombardamenti sulle città. La popolazione civile diviene elemento del con­flitto. È impossibile non partecipare. Il fenomeno della Resistenza al nazifasci­smo implica il massiccio apporto della popolazione civile. Poi vi sono i rastrellamenti, le de­portazioni nei campi di concentramento, le atrocità delle rappresaglie naziste a danno dei civili.
La scienza applicata alla produzione bellica porta nel 1945 alla co­struzione e all'impiego della bomba atomica.
Se non si coglie la peculiarità e l'atrocità "tutta nuova" del progetto nazista e della sua ideologia to­talitaria, non si coglie neppure il senso della tragedia del conflitto.
Vi è anche la questione della deportazio­ne e dello sterminio di milioni di ebrei, la schiavizzazione della popolazione slava, l'atrocità insensata dei lager e dei ghetti. Tutto questo non ha ri­scontri, né trova analogie, nel precedente conflitto e rende la Seconda guerra mon­diale qualcosa di assolutamente nuovo e diverso nella storia.


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